Palazzo Madama ha confermato ancora una volta la sua vocazione come Museo civico di Arte Antica, interessato a documentare il forte legame esistente tra la scultura, la pittura e le cosiddette arti decorative o applicate. Dal 5 ottobre 2017 al 29 gennaio 2018, al secondo piano nella Sala Atelier, è stata presentata una mostra dedicata ai gioielli in oro forgiati dall’artista torinese Mario Giansone (1915-1997), riconosciuto come uno dei più abili scultori italiani del ‘900. I capolavori esposti sono stati concepiti per essere indossati dalle numerose signore che Giansone frequentava e ammirava, e che ricambiavano il suo affascinante e misterioso appeal.
Impegnato per molti anni sia come artista che come professore presso l’Istituto d’Arte di Torino (oggi Liceo Artistico Aldo Passoni), Giansone ha scolpito, disegnato, dipinto e realizzato incisioni e arazzi con uno stile personalissimo, sospeso tra una sintetica figuratività e l’astrazione pura. Il marmo, la pietra, il ferro, i legni più duri sono stati la materia prima che nelle sue mani ha dato forma e vita alle sue intense emozioni, alla sua visione dell’umanità, dell’universo e dell’ultraterreno.
All’interno del vasto corpus di opere realizzate tra il 1935 e il 1997, hanno spiccato i suoi “gioielli da indossare”. Microsculture fuse in oro, in cui Giansone ha messo in estremo risalto la componente scultorea del gioiello, senza nulla concedere alle forme e alle mode dell’arte orafa del suo tempo. Questo si è potuto cogliere osservando anche i contenitori in legno che custodivano e facevano da espositori a quasi tutti i gioielli. Sono state “scatole” intagliate nei legni durissimi che l’artista privilegiava: il mogano, l’azobè, il paduk, il palissandro, la radica e soprattutto l’ebano, il più raro e difficile da lavorare. Contenitori che sono diventati a loro volta piccole sculture e capolavori artistici, indissolubilmente congiunti col gioiello incastonato dentro di essi.
I curatori della mostra, Marco Basso e Giuseppe Floridia, coadiuvati dalla registrar di Palazzo Madama, la storica dell’arte Stefania Capraro, hanno selezionato una quarantina di pezzi, in gran parte di proprietà dell’Associazione Archivio Storico Mario Giansone di Torino, che ha sponsorizzato in toto questa mostra, più alcuni gioielli di proprietà di collezionisti privati. Giansone ha avuto una significativa fortuna collezionistica a Torino negli anni Sessanta: alcune sue opere fanno oggi parte delle collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, della sede Rai di Torino e di prestigiose raccolte torinesi, tra cui quelle delle famiglie Agnelli e Pininfarina.
Un catalogo è stato pubblicato da AdArte, con una presentazione scritta dal professor Giuseppe Floridia, che da vent’anni, dopo la morte di Giansone, si è battuto affinché l’opera di questo grande scultore non venisse ingiustamente dimenticata. In occasione della mostra a Palazzo Madama, lo studio di scultura di Mario Giansone (Via Messina 38, Torino) è stato eccezionalmente aperto per visite guidate con il curatore della mostra rivolte al pubblico adulto
Tutta l’opera di Giansone ha avuto nel Jazz uno dei suoi temi prediletti: che si trattasse di orchestre o ballerini, il fascino nei confronti di questa musica è stato espresso nelle sculture, nei dipinti, nelle xilografie e ancor più nei gioielli, di cui è stato l’oggetto ricorrente. La “Visita Suonata” che si è svolta all’interno della mostra, tra il 21 e il 22 gennaio 2018, è stata l’omaggio alle teorie di Giansone da parte di Giuseppe Golisano, sassofono contralto, ed Emilio Bernè, percussioni, due dei musicisti piemontesi più avvezzi all’improvvisazione praticando da anni la palestra del post bop.
In tre diversi momenti, Golisano e Berné hanno rappresentato in musica la teoria delle tangenti, la teoria modulare e il concetto caro a Giansone secondo cui la scultura sia “cavare fuori” le forme dal supporto amorfo, per delinearne via via la sagoma e poi fermarsi nell’attimo conclusivo del suo processo genetico.
I due musicisti hanno inteso esprimere, attraverso l’afflato improvvisativo, i tanti punti di contatto tra le teorie di Giansone e il modo di fare jazz. Numerose e importanti sono state le affinità del modo di procedere e lavorare del maestro piemontese con il jazz dove la forma ritmica si moltiplica e articola, gli strumenti dialogano tra loro, e il dinamismo delle scale musicali ricorda la staticità della scultura in cui nulla resta mai immobile. Lo stesso processo divulgativo delle teorie di Giansone, trasmesso alle sue allieve, è stato simile a quello del jazz, dove i maestri insegnano suonando con gli stessi allievi. Ispirato dall’opera di Giansone, Giuseppe Golisano ha creato per l’occasione, assemblandola con fili di rame, una percussione battezzata basket bongo, strumento autentico, ma dalle velleità artistiche che è stato suonato da Bernè.
Fonti:
– Mostra “GIANSONE. Sculture da indossare”, Palazzo Madama Torino (2017–2018)
– VISITA SUONATA alla mostra “Giansone. Sculture da indossare”, Palazzo Madama Torino (2018)